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TECNICHE
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affresco
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affresco strappato
La necessità di distaccare gli affreschi dal muro alleggerendo i supporti comportò la messa a punto della tecnica dello strappo, sperimentata a partire dal Settecento. Questo metodo permette di lasciare inalterato l’intonaco e di distaccare soltanto un finissimo strato di colore. Sulla superficie pittorica si applicano delle tele con una colla molto potente, composta da una parte di collante e da una parte liquida. Quando quest’ultima evapora, la colla perde la componente acquosa e, asciugandosi, diminuisce di volume. La contrazione così prodotta esercita una trazione tale da separare il film pittorico dall’intonaco. La sottilissima pellicola di colore strappata dalla forza della colla viene infine ricollocata dai restauratori su un supporto più leggero (addirittura una tela, in certi casi). Nella moderna tecnica del restauro, lo strappo è sconsigliato poiché genera un drastico appiattimento della pellicola pittorica e può produrre un notevole impoverimento cromatico. La colla, infatti, non è abbastanza potente da asportare precisamente l’intero film pittorico e spesso sul muro originale rimane l’impronta più o meno sbiadita del dipinto, che può essere a sua volta ulteriormente strappata. -
affresco staccato
Con “distacco di pitture murali” si indicano tutte quelle operazioni di restauro che hanno lo scopo di separare fisicamente l’affresco dalla parete su cui venne dipinto e di trasferirlo su un supporto mobile. In passato quest’operazione, oggi tendenzialmente praticata soltanto in situazioni emergenziali, costituiva un importante mezzo di conservazione dei dipinti. Consentiva, infatti, sia di risparmiare gli affreschi dalle eventuali demolizioni degli edifici che li contenevano, sia di risolvere casi di degrado dovuti al cattivo stato conservativo dell’intonaco originale. La più antica tecnica di distacco degli affreschi è lo “stacco a massello”, che consisteva nel tagliare la porzione di parete sulla quale si trovava la decorazione pittorica e, grazie al sostegno di un telaio resistente e poderoso, portar via l’affresco insieme a una parte di muro. Oltre a essere faticosa e poco agevole, questa tecnica comportava notevoli rischi di crollo per la struttura architettonica rimanente, alla quale poteva creare gravi danni strutturali. Già conosciuto dai romani e poi largamente impiegato da Giorgio Vasari alla metà del Cinquecento, lo stacco a massello continuò a essere utilizzato per tutto il XIX secolo. La maggioranza delle pitture esposte nel Cenacolo di Ognissanti era stata così trattata nel corso dell’Ottocento: le numerose foto storiche esistenti, relative all’antico allestimento delle opere, documentano infatti la presenza di grosse porzioni di muro dietro la superficie degli affreschi. Con lo scopo di alleggerire i supporti, a partire dal Settecento venne messa a punto una tecnica che permetteva di distaccare soltanto gli intonaci lasciando inalterata la struttura muraria. Questo procedimento di stacco è piuttosto complesso e prevede diverse fasi. Una volta incollata sulla superficie pittorica una tela di protezione, i restauratori tagliano l’intonaco lungo il perimetro della porzione da staccare e iniziano un’operazione di martellatura che, grazie alle vibrazioni prodotte, dà avvio al processo di distacco, poi ultimato con l’uso di apposite spatole metalliche. I restauratori lavorano quindi sul retro dell’intonaco, ormai distaccato, lo regolarizzano e lo fanno aderire su un nuovo supporto. Con questa tecnica si può decidere se salvare soltanto l’intonachino – lo strato su cui si dipingeva – o anche l’arriccio, sul quale si trovano i disegni preparatori (sinopie). La tecnica dello stacco comporta un alto rischio di produrre fratture e frammentazioni nell’intonaco.