Restauratori
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Alfio Del Serra (1931-2016)
Dopo gli studi da artista all’Accademia di Porta Romana a Firenze, Alfio Del Serra si avvicinò al restauro nel 1949 grazie alla formazione presso la ditta Dini, per affermarsi poi pienamente durante gli anni Cinquanta, in particolare in occasione della Mostra di opere d’arte restaurate del 1953. Insieme a Leonetto Tintori, Dino Dini e Giuseppe Rosi fu impegnato a fronteggiare l’emergenza che colpì Firenze durante l’alluvione del 1966. Da questo momento fino alla fine degli anni Novanta divenne di fatto il «restauratore degli Uffizi» (Vervat 2015), con il cui direttore Antonio Natali strinse un duraturo rapporto professionale, tanto da essere chiamato a restaurare molte delle opere simbolo del museo fiorentino: tra queste, le tre Maestà di Cimabue, Duccio di Buoninsegna e Giotto di Bondone, l’Annunciazione di Simone Martini, la Nascita di Venere di Sandro Botticelli, il Battesimo di Cristo di Verrocchio e l’Annunciazione di Leonardo da Vinci. -
Dino Dini (1912-1989)
Dino Dini si avvicinò al mestiere del restauratore sin da giovanissimo, grazie alla formazione presso la bottega del padre, Giuseppe. Divenne una delle figure cardine della cosiddetta “stagione degli stacchi”, che interessò in particolare il capoluogo toscano e vide il distacco preventivo di moltissimi affreschi. A lui si deve una scoperta cruciale, che fornì un contributo fondamentale all’evoluzione delle tecniche di restauro. In seguito all’alluvione di Firenze del 1966, Dini fece infatti la conoscenza di Enzo Ferroni, professore di chimica, con il quale instaurò un rapporto che continuò l’anno successivo, davanti agli affreschi di Beato Angelico in San Marco. Qui, restauratore e scienziato collaborarono nel mettere a punto un metodo che, attraverso l’uso di carbonato di ammonio e idrossido di bario, induce una reazione chimica tale da invertire il processo di degrado dell’affresco e conferire nuova coesione al colore. Questo trattamento permette quindi di evitare lo stacco del dipinto, risparmiando all’affresco il trauma della separazione dal muro. -
Giuseppe Rosi (1915-1988)
Giuseppe Rosi si affermò come restauratore indipendente durante gli anni Cinquanta, partecipando attivamente alle intense campagne di stacchi che interessarono Firenze nell’immediato dopoguerra. Insieme a quella di Alfio Del Serra e Walter Benelli, la ditta Rosi fu una delle tre aziende di restauro che si trovò a rispondere alle crescenti richieste di stacchi e strappi, operando prevalentemente in Toscana e nelle Marche. Vista l’esperienza in questo campo, nel 1966 fu uno dei punti di riferimento per fronteggiare l’emergenza dell’alluvione fiorentina e, lavorando fianco a fianco con Del Serra e Leonetto Tintori, salvò molti dei capolavori cittadini dal fango e dalla nafta. Una volta rientrata l’emergenza, continuò la sua attività non solo a Firenze, ma anche nel resto della regione. Rosi operò su cicli pittorici celeberrimi. Tra i suoi lavori più prestigiosi: gli affreschi di Paolo Uccello nel Duomo di Prato, la Pietà di Masolino a Empoli e i dipinti murali in san Domenico ad Arezzo. -
Leonetto Tintori (1908-2000)
Leonetto Tintori divenne uno dei principali protagonisti del panorama del restauro italiano del Novecento. Nel 1943, a Prato, portò a termine il certosino distacco di colore condotto su ognuno dei frammenti di intonaco del Tabernacolo di Mercatale di Filippo Lippi, andato in pezzi in seguito a un bombardamento. Le cappelle Peruzzi e Bardi in Santa Croce a Firenze, affrescate da Giotto, il Trionfo della Morte del Camposanto pisano, la Trinità di Masaccio nella basilica fiorentina di Santa Maria Novella e le Storie della Vera Croce di Piero della Francesca ad Arezzo sono solo alcuni dei celebri cantieri da lui diretti nel dopoguerra. In prima linea durante i restauri seguiti all’alluvione fiorentina del 1966, a Tintori si riconoscono una mentalità e un approccio alla materia profondamente moderni: coltivando rapporti con storici dell’arte e diagnosti, approfondì la conoscenza dei materiali impiegati, documentò vastamente i propri cantieri e si distinse come uno dei pionieri dello studio delle tecniche artistiche. Dopo una carriera che lo portò più volte all’estero (Messico, India, New York), si spense nella sua villa a Prato.